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La storia del caffè italiano

Tutti sappiamo che la pianta del caffè si sviluppa all’interno di zone che sono contraddistinte da un clima equatoriale. Di conseguenza, il caffè non cresce in Italia, ma è stato proprio il Bel Paese uno di quelli che sono stati in grado di valorizzare nel migliore dei modi le potenzialità di questa bevanda. Infatti, proprio in Italia, sono stati realizzati dei sistemi di preparazione molto particolari e apprezzati, che sono in grado di esaltare l’aroma di ogni singolo chicco.

Ormai, il caffè si può considerare come una delle componenti più importanti che fanno parte della cultura di questa nazione. In Italia, infatti, sono oltre 8 milioni i sacchi di caffè che ogni anno vengono importati. Il consumo di questa bevanda sul territorio italiano si suddivide tra l’uso domestico con la caffettiera in casa e le macchine espresso che vengono usate in vari locali, come ristoranti, bar e altri luoghi in cui si svolgono attività di lavoro.

Uno dei brand storici è la Torrefazione Pasqualini, una delle famiglie che sono presenti nell’universo del caffè già a partire dal termine degli anni Sessanta. Tra le attività principali che vengono svolte da così tanti decenni troviamo la vendita di prodotti di torrefazione alla clientela, operando anche nell’ambito della vendita del caffè all’ingrosso per diverse attività che lavorano nel settore della caffetteria.

Una ricerca della qualità del prodotto e un’enorme passione per la grande tradizione italiana della torrefazione: è in questo modo che si è giunti ad un gusto impossibile da confondere come quello del caffè Pasqualini.

Indice dei contenuti

Alcuni cenni storici

Fu Venezia, già a partire dal 1570 a dare il via ad un intenso commercio di caffè. Dovettero passare ben più di 100 anni, però, per vedere l’apertura della prima bottega del caffè: avvenne nel 1683, in piazza San Marco. In men che non si dica, il caffè si cominciò a diffondere dalle botteghe fino ad arrivare anche ai caffè letterari.

Sembra che il Papa Clemente VIII, dopo aver assaggiato e assaporato una tazzina di caffè, rimase talmente impressionato positivamente da questa nuova bevanda che mise in evidenza come fosse un vero e proprio peccato permettere che solamente i miscredenti potessero berla. Così suggerì di benedire il caffè per fare in modo che diventi una bevanda dalla tradizione tipicamente cristiana.

Fu praticamente da quel momento che il caffè conobbe una diffusione veramente a macchia d’olio nell’intera penisola. A partire dalle botteghe particolarmente eleganti fino ad arrivare ai locali più rustici e popolari, ecco che bere il caffè si trasformò in un vero e proprio rito a cui si cominciarono ad abituare politici, letterali, artisti e tanti esponenti dell’alta società.

La nascita della macchina espresso

Il primo prototipo di macchina espresso venne realizzato nel 1855 ed è stato svelato presso l’Esposizione Universale di Parigi. Qualche anno più tardi, nel 1901 per la precisione, ecco che fu un milanese, l’ingegnere Luigi Bezzera, a sviluppare la prima macchina da caffè espresso che funzionava grazie ad un sistema a vapore.

Un brevetto, quello dell’ingegnere milanese, che ha stimolato in maniera importante la ricerca e i passi in avanti in ambito tecnologico, che sono stati fatti poi da diverse aziende italiane. Nel 1948, è stato Achille Gaggia a proporre l’estrazione a pressione, che offre la possibilità di ricavare una bevanda ancora più concentrata e aromatica, in cui la crema è diventata molto più compatta e densa, esattamente come quella che si beve ai giorni nostri.

Nel Dopoguerra, ecco che tante aziende di macchine espresso cominciarono a potenziare senza sosta la produzione, che raggiunge picchi industriali. Nel 1949 fu un architetto italiano, Giò Ponti, a creare la prima macchina espresso integrata con un sistema di caldaia orizzontale. Il passo in avanti a livello di estetica di tali macchinari fu epocale.

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Redazione Manuscritto.it
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"Io credo soltanto nella parola. La parola ferisce, la parola convince, la parola placa. Questo, per me, è il senso dello scrivere." Ennio Flaiano
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